È curioso notare come i ritmi che scandiscono la nostra vita siano bene o male ciclici, con dei periodi differenti.
Ogni anno, più o meno verso la fine dell’Estate, sale prepotente il desiderio di una solitaria.
Il bello (o il brutto) delle solitarie con la corda è che devi fare la via due volte, perché una volta salito il tiro, bisogna calarsi per recuperare le protezioni. Sì, la questione diventa un po' laboriosa, ma il fascino sta proprio in questo: si tratta di un lavoro continuo in cui mente e corpo non si rilassano mai, impegnati nelle complesse sequenze di operazioni da svolgere. Poi, nelle solitarie, il controllo incrociato non esiste e l’unico compagno di cordata è lo zaino, che osserva silenzioso, ogni errore si paga.
In montagna, raramente esistono il caso e la fatalità; tanti incidenti attribuiti al caso sono in realtà causati da negligenza o incompetenza, a tutti i livelli.
Fondamentalmente è sbagliato imputare al caso la conseguenza di un comportamento umano: su una via di roccia se un friend salta, la sosta non regge o il Grigri non blocca, la colpa è unicamente mia. Per questo ci vuole una cura maniacale, per questo si impiega tempo, soprattutto in autosicura.
E anche se la perfezione non esiste, questa volta posso dire di aver fatto le cose bene.
Diedro Bulfoni - Torre Nuviernulis – Rope-solo